I segni sono volo di uccelli, pause, a volte morte.
Dal volo degli uccelli il mio sogno riceve i suoi binari,
lineari o bizzarri, solitari, di coppia, di gruppo.
Gli uccelli hanno precise direzioni,
volteggiano calamitati da rotte di bussola.
Sconosciute alla maggior parte degli uomini
sono queste direzioni, ma non a tutti.
Così i nostri segni.
Segni, come volo d’uccelli, irripetibili
anche nella stessa specie. A volo libero destinato.
Quale movimento è più convincente
di un volo d’uccello? Il mio segno è un pretesto.
Ma il pretesto è un concetto mentale.
Il segno come io lo vivo è un atto profondo e inutile.
Profondo perché fa e dà spazio a un impulso,
cioè a qualcosa cui tacitamente chiede rivelazione,
come appellarsi a un oracolo, silenziosamente,
che sente e risponde a domande di cui conosciamo
poi visivamente e linguisticamente
risposte veicolate dal gesto e dall’accaduto.
Pernottare in un tempo reale e simbolico
dentro uno spazio reale e simbolico.
E, contemporaneamente, glissare.
Ogni opera è anche deriva di qualcos’altro.

 

MIGRAZIONI
(1987-1996)

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