Angelo Noce abita i percorsi reconditi dell'arte contemporanea. Di tutto il sistema dell'arte, si potrebbe dire, perché di esso egli si serve come suggestione in un impatto atemporale, depurato da fantasmagorici corsi, ricorsi o riscoperte, schivando ogni pregiudiziale proposito di arricchimento dei codici. L'Avanguardia, e il suo spirito, aleggiano intorno alla sua storia individuale, alla formazione dell'uomo e dell'artista, non certo, in modo lineare almeno, all'interno dell'opera che pure, attraverso i momenti centrali del segno e della materia, si presta ad essere riconducibile alla prassi propria della grandiosa stagione informale. Ma è di stagione che possiamo parlare? Possiamo davvero - dinanzi alla sublimazione totalizzante e allo stesso tempo concretissima di quell'arte - credere che essa possa essere resa solubile con i grafici d'andamento delle mode, dei flussi di gusto, del mercato insomma? D'altra parte è troppo nota la storia degli sviluppi di quei gruppi americani poi europei, del loro significato, per avallare l'ipotesi di un valore di scambio - con le sue fluttuazioni stagionali appunto - in grado di alimentare e fondare la ricerca estetica e la creatività umana.
La sapienza dell'arte di Noce è riposta altrove ed è ispirata dal percorso dell'uomo nella sua interezza e nel suo destino attraverso tutte le manifestazioni singole o corali, espresse si dalle lettere, dall'arte, dalle culture, dai grandi sistemi, ma anche e sostanzialmente dall'esuberanza del segno umano, dalle infinite e irraccolte molecole di vita e di conoscenza lasciate irrisolte, dal detrito di natura o d'artificio. Eppure l'artista diventa un cercatore d'oro prima, un orafo poi, che ricompone le parti in una fusione autonoma e preziosissima.
Certamente il suo lavoro è memoria e fascino dell'antico, prossimo e remoto; ma fuori dal susseguirsi delle stagioni culturali o delle recenti euforie più o meno di massa. Noce vive la condizione vera dell'artista contemporaneo, discreta ma non evanescente, che non ha consentito grossi compromessi, non ha conosciuto mediazioni. La sua è una solitudine incolmabile - peraltro mai teorizzata - che si consuma nella sua forza ma ripaga negli esiti estetici.
Fin dalle prime opere, quelle note al pubblico, Noce si trasmuta nella materia che adopera, interagisce con essa in un arco di tempo talvolta molto ampio: la relazione tra l'artista e la materia, come già osservavo in altra occasione, diventa per certi versi un rapporto tra elementi: l'uomo è egli stesso materia che si trasforma. Diversamente, però, da operazioni giocate sulla ritualità o più semplicemente sul comportamento, il gesto qui è meditato pazientemente, insistito negli interstizi dell'agglomerato materico, è da questo modificato e indotto. Per ciò continuiamo a subire il fascino dell'accadimento, mai concettuale o narrativo, che si dà in profondità al di sotto della patina di superficie, alla quale bisogna frapporre una resistenza percettiva nell'indugiare sulle forme ed i contorni a cui l'occhio di oggi è sempre più abituato dal consumo vorace di immagini riflesse. Sul dato sostanziale, dunque, addirittura nella scelta dei singoli componenti la materia, è bene che vada la nostra attenzione perché sia possibile scorgere i significati più profondi, estetici e di riflessione sul tempo dicevo, ma anche, implicitamente, sul sistema dell'arte. Le tracce, i segni - fatti di fasi crescenti e calanti mediante incisione e stratificazione - ci informano sulla lavorazione e sul processo operativo così come ci illuminano sui moti della materia che, come ha ben osservato Ennio Di Pierro scrivendo di Angelo Noce, ha un ciclo tragico nel suo continuo evolversi. Proprio in questa dinamica microscopica ma vertiginosa si insinua il gesto regalando ai segni e alla massa bassovolumetrica un'evidenza universale, simbolica, talvolta mitica.
Terre grafiche, questa mostra con cui l'autore propone lavori prodotti negli ultimi due anni tra cui alcuni recentissimi, ci dà la misura di un'evoluzione in questo senso. Mi pare che già il titolo - dopo due tra gli altri momenti espositivi: Nel Principio della Materia e Materia Muta - indichi uno spostamento nella continuità. I termini che lo compongono ne scandiscono il passo: il primo dotato di variegate suggestioni evocative, il secondo che registra un seppur lievissimo arricchimento delle tecniche, disponibili, adesso ad ulteriori agganci con materiali, come la carta ad esempio, che non sono proprio sistematici nell'opera dell'autore. Ma è il cromatismo più spinto di questi ultimi lavori, che allo stesso tempo vedono assottigliati i rilievi, a marcare alcune linee evolutive.
"Terre", poi, è patrimonio antico di rimandi: sono i noti materiali consolidati nella storia delle tecniche pittoriche; sono la geografia dei luoghi interiori e sociali di Noce; sono, direi per eccellenza, lo scarto poetico dal singolare che contraddistingue il nome del nostro pianeta: ora incline a segnalare la pluralità dei mondi possibili, l'alterità della condizione umana, la poetica delle differenze in arte.

Gaetano Barbarisi

 
TERRE GRAFICHE
Centro Einaudi-Electa di Brescia
1987
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