Raramente si ha la fortuna di veder così bene coniugati gli spazi funzionali e simbolici dell'esposizione con l'opera e l'orizzonte estetico dell'artista che vi opera. I dipinti e le installazioni di questa bella e agile Terra d'Ombra, infatti, trovano una collocazione così felice e straordinariamente armonica nell'aula dell'antica chiesa di san Zenone all'arco, nel cuore del centro di Brescia, da far pensare a un'operazione concettuale premeditata. La sacralità della ricerca artistica di Angelo Noce, al contrario, qui incontra un'accoglienza generosa di risonanze e affinità nelle stratificazioni architettoniche e pittoriche dello spazio, tali da determinare un gusto e un'atmosfera che il visitatore subito riconoscerà come autentiche e poco contaminate dalla finzione: Noce vi ha subito ritrovato quell'empatia che ha da sempre cercato nei luoghi delle proprie esposizioni, rinvenendovi la giusta collocazione culturale, lontano cioè dalla centralità presunta, talvolta per ciò ingannevole, dei luoghi del mercato. Il percorso espositivo ammesso dall'unica navata della chiesa promuove un atteggiamento più leggero e disinvolto, ma non per questo meno attento, e per certi versi rituale, di quanto ci abbiano abituato le mostre più recenti di Noce, dalla corposa antologica di Arcaica alla Rocca Sforzesca di Soncino nel 1996 sino ai Semi di Memoria del 1999 a Crema, sobria e persino austera proposizione di temi, che in parte sono ora riproposti a Brescia.
Qui il centro di gravita è la scrittura, il calligramma, o per meglio dire ciò che il gesto e l'attitudine corporea alla scrittura lasciano come segno grafico e traccia cromatica. L'artista parte da un nucleo iniziale, una cellula significante che pulsa e che a sua volta genera una serie prolifica di segni geneticamente interrelati; egli ne sviluppa tutte le possibili declinazioni onde svuotarle definitivamente di ogni connotazione referenziale e pervenire a una reale autonomia del significante linguistico, ma anche al distacco del suo artefice da ogni velleità retorica. Il segno si sviluppa con modi e registri diversi entro territori e stratificazioni di colore, talvolta con il gusto e la luminosità del codice miniato, talvolta con un'elaborazione pittorica magmatica che ci riporta alla poetica della materia, su cui Noce ha insistito a lungo e in profondità in cicli più noti, come Nel Principio della Materia e Materia Muta. L'atmosfera di ogni singolo pezzo o cartiglio, lontana da qualsivoglia enigmaticità esoterica, è tuttavia magica e persino religiosa, sovente enfatizzata dalla collocazione su supporti a leggio che chiaramente ricordano il contesto liturgico della Scrittura e l'evocazione sacrale della Parola. L'attenzione è la linfa di queste spore fertili, sottesa da un lato alla sapienza autonoma del gesto, all'osservazione del proprio corpo, dall'altro alla ricerca nel punto interiore dove il segno si era costituito da tempo e che la corretta coordinazione intellettuale, motoria ed emozionale - quando questa si compie - riesce a generare nel campo dell'ordito pittorico. In generale l'impianto di questi dipinti su tavola, come delle opere su carta, si dà come il reperto di una civiltà arcaica che intende farsi riconoscere, che invoca per essere riesumata; in realtà l'intento dell'artista è sì rivitalizzare dentro di noi l'eternità possibile dello sguardo, ma attraverso un campo d'impressioni in grado di richiamarci al presente del nostro essere storico e permetterci di stabilire una relazione a un tempo civile e spirituale con la memoria della nostra provenienza e del nostro destino. Terra d'Ombra è, però, anche lo spazio della memoria individuale, l'orizzonte di un'introspezione orientata all'infanzia, alla passione del gioco e della ricerca fantastica. I grandi uccelli in filo di ferro, le barchette o gli alti fusti metallici che verticalizzano l'ambiente si lasciano alle spalle la concettualizzazione semiotica del ready-made, la filosofìa dell'objet-trouvé o del riutilizzo provocatorio di materiali poveri e di scarto: essi si propongono come l'esito più autentico di un esercizio ludico al confine tra sistema dell'arte e poesia dell'esistenza, in una relazione armonica ristabilita con la natura, nella purezza dell'incanto infantile che sperimenta con gioia le sostanze della Terra. Gli alti steli fìtomorfi, che scandiscono lo spazio nella dinamica sonora del loro movimento, ci fanno pensare a una probabile ascendenza anti-tecnologica di Calder, alle possibilità sconfinate della libertà creativa, piuttosto che alla dimensione alchemico-esoterica di Duchamp o alla contestazione di Cèsar; più di tutto, queste meravigliose sculture spaziali mettono in vista l'elegante e originale coniugazione di confidenza con la materia, leggerezza delle forme e sapienza costruttiva, che Noce conferisce a queste installazioni con la perizia del mestiere. Così le ceramiche, i libri-oggetto, le piccole icone accostate con il gusto votivo di una celebrazione estetica del frammento e della miniatura: sono la testimonianza di un lavoro svolto con la grazia del silenzio ricercato dentro di sé, nella calma profonda che possiamo conseguire quando si assopiscono le spinte dispotiche e centrifughe dell'intelletto, che qui si limita a guidare il flusso laborioso delle emozioni, quando la grazia le dona.

Gaetano Barbarisi

 

TERRA D'OMBRA
Antica chiesa di San Zenone all'arco di Brescia
2000
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